Carlo continuava a ripetersi che lui era fatto di ferro, e se lo lasciava dire da tutti. Compiaciuto e compiacendosene. Carlo aveva una vita soddisfacente, una bella famiglia, una casa adeguata, tanti amici, e soprattutto lavorava molto, moltissimo. Lui affermava che nel lavoro trovava la sua motivazione di vita. Non dipendeva da nulla e nessuno, si divertiva…i suoi familiari lo appoggiavano in toto, ammirati per la sua resistenza, e contenti che il conto corrente fosse sempre ben rimpinguato. Gli amici lo lodavano, lo portavano a esempio. Da qualche tempo però Carlo la notte si svegliava, così, all’improvviso, il volto contratto, i denti che battevano gli uni sugli altri. Il dentista gli aveva detto che si trattava di un fenomeno molto comune, il più delle volte dovuto allo stress, e aveva consigliato di usare un apparecchietto di notte, oppure di ricorrere alla limatura dei denti, che, debitamente accorciati, non avrebbero battuto gli uni sugli altri. Carlo aveva ringraziato il dentista, suo amico, aveva scherzato per tranquillizzarlo dicendo che aveva esagerato: il fenomeno si presentava molto di rado. Ed aveva terminato dicendo che aveva inventato un pretesto per salutare un amico che oramai vedeva troppo di rado. Carlo si era espresso in modo così convincente che l’amico dentista, prima perplesso, aveva creduto ogni parola, aveva quasi ringraziato l’amico per essersi recato da lui con una scusa e si era trovato a giustificarsi per non essersi più fatto sentire. Carlo aveva sorriso e gli aveva battuto una mano sulla spalla. Uscito in strada Carlo aveva rimosso il nome tecnico del disturbo che lui aveva accusato di avere, aveva serrato le mascelle, inalberato il sorriso… la notte si era alzato, si era chiuso in bagno senza svegliare la moglie che dormiva al suo fianco e si era messo davanti allo specchio lasciando che i denti battessero fra loro quasi impazziti, a rischio di spezzarsi l’uno contro l’altro. Piano piano il fenomeno era terminato. Carlo aveva avvertito un gran senso di pace ed era tornato a dormire, aveva dormito e la mattina si era alzato ad un’ora tarda, rimandando gli impegni. Mentre dormiva rivedeva se stesso battere i denti, poi si vedeva riflettere. Quella non era vita! Carlo non poteva continuare a sdrumare se stesso facendo finta di nulla: lui, gli altri, familiari, amici, clienti compresi, dovevano tutti capire che Carlo era cambiato. Sarebbe vissuto senza prendersi in giro. Senza farsi del male. E senza farsene fare dalle eccessive pretese di chi lo circondava, pretese che lui stesso aveva permesso esistessero. Carlo doveva cambiare sistema di vita: lo avrebbe fatto, non sarebbe più stato lo sdrumatore del proprio corpo, del proprio cervello. Carlo non voleva più sentirsi dire ‘sei fatto di ferro’; Carlo doveva imparare ad amarsi di più per quello che era: una persona, non una macchina lanciata al grand prix di una corsa illusoria.
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