Un bimbo ogni giorno andava in spiaggia con il fratellino più piccolo. Il bimbo si faceva chiamare Re, diminutivo del nome. Ma non perche si sentisse tale, anzi. Re non amava leggere fiabe o racconti, era un bambino concreto, fattivo: siccome fra i tre fratelli era quello di mezzo, aveva imparato da subito a destreggiarsi, anche in famiglia. Lui non era il ‘cocco di mamma’, e neppure il fratello maggiore portato ad esempio. Non era né carne ne pesce, in fondo era solo ed amava distrarsi applicandosi a ciò che era in grado di fare. Come ‘piccolo chimico’ era riuscito a far esplodere in faccia a suo padre un preparato astruso, che puzzava all’incredibile; non aveva ricevuto lodi, nemmeno sgridate. Solo occhiate perplesse. Re era riflessivo, un costruttore nato; in spiaggia amava costruire castelli, aiutato dal fratellino. Possedeva un secchiello capace di contenere molta acqua, ed una paletta quasi professionale. Alta, robusta, con l’impugnatura larga, da potersi tenere a più mani. Re costruiva ogni giorno i suoi beneamati castelli, rastrellava e setacciava con cura la sabbia perché l’impasto fosse più solido, e se la notte il mare era riuscito a distruggere le sue costruzioni, lui ricominciava daccapo, imperterrito. Gli altri bambini osservavano, a distanza. In fondo, erano piuttosto invidiosi a causa della bella paletta. Una mattina due bimbe più grandi di lui si avvicinano a Re, lo guardano dall’alto al basso e gli dicono che la paletta è la loro, asseriscono che lui l’ha rubata, da tempo, e che ora gliela deve restituire, l’ha usata anche troppo. Re si sente spiazzato: sa che le bimbe asseriscono il falso, ma non può dimostrarlo. Il fratellino lo guarda sgomento, gli altri bimbi compagni delle prepotenti, stanno a guardare. Re vorrebbe reagire, anche fuggire con la paletta, ma il fratellino… quei maledetti potrebbero fargli del male. Quella mattina Re invecchia in un colpo: subisce, consegna la bella paletta, ed il giorno dopo rifiuta di recarsi alla spiaggia. Poi, in apparenza dimentica. Più adulto, studia, e continua le sue costruzioni, sempre più belle, sempre più ingegnose, in tutti i tipi di casa in cui viene richiesto. Fino a che, da grande, anche troppo, decide di costruire il suo castello privato, a mezza montagna, con la vista del mare. Ci lavora per anni, si spacca la schiena, in sostanza costruisce il castello quasi da solo. Re è davvero felice. Il suo castello privato sarà il rifugio sicuro per il formicaio che si chiama famiglia, la sua. La fatica non conta. Invece! Ancora una volta qualcuno lo vuole prendere in giro pretendendo di rubargli il castello, cioè, in fondo, la paletta il secchiello il setaccio e il rastrello con cui egli l’ha costruito. Povero Re! Questa volta il vecchio bambino si sente distrutto, tutti i sogni si infrangono… Re vorrebbe impugnare l’accetta… Poi, la sua indole buona lo riconduce alla calma. Re finalmente comprende che se paletta secchiello setaccio e rastrello faranno parte integrante di lui nessuno glieli potrà mai più rubare; egli li userà per ricostruirsi una vita più libera, da case e da cose, da gente che dietro la bella facciata non condivide le sue aspirazioni e progetti. Persone superficiali, false, prepotenti, come le bimbe dei castelli alla spiaggia: bisogna rassegnarsi, accettare, e non con l’accetta; scrollare le spalle, con il sorriso di chi saprà non subire, mai più.
Scrivi un commento