Piove, il cielo sembra riversare su di noi la sua disperazione. Tutto assume le sfumature del grigio: le nuvole plumbee, l’acqua che cade, le strade, i palazzi, gli alberi. L’acqua che bagna la terra ha il suo caratteristico odore e all’improvviso ho chiuso gli occhi e ho pensato che in giornate come queste sono tre le cose che si possono fare: infilarti sotto le coperte con qualcuno e morire di coccole, farti una scorpacciata di film cult a “baco” sul divano; o liberare la mente. La mia è partita da sola ed è andata indietro nel tempo e nei ricordi proprio ad una giornata d’autunno come questa.
Nonostante il diluvio ero andata al maneggio dal mio cavallo (sperando di poter montare) , ma, data l’inclemenza del tempo, optai per regalare al mio rosso destriero una seduta di toilettatura personalizzata, scopo: totale rilassamento.
Così mi infilai nel suo box, accolta da un sommesso e accogliente nitrito (mai musica è stata più gradita alle mie orecchie) e spiegai a Lifar le mie intenzioni. Cominciai dagli zoccoli naturalmente, pulendo accuratamente l’interno del fettone e assicurandomi che fosse morbido, i glomi e, passando alla parte esterna, spazzolai con energia fino alla corona dando poi la consueta mano di grasso. Accoccolandomi accanto alle sue gambe per eseguire al meglio la mansione, Lifar mi posò sulla testa il suo naso, respirandomi sui capelli e facendomi un lieve solletico con i peletti della barbozza (nemmeno un massaggio ayurvedico poteva rilassarmi tanto). Passai dunque ad una profonda strigliatura per togliere polvere e peli in eccesso, alla brusca per lisciare e al panno per lucidarlo e mi venne in mente che, fra le sue cose avevo lasciato dell’olio di arnica per massaggi (che ogni tanto usavo per me quando si presentava qualche contrattura muscolare) e decisi di fare un bel massaggio al mio focoso equino, partendo dal garrese lungo la colonna vertebrale fino alla groppa e alle reni. Fu efficace al massimo perchè Lifar fece un gran sospiro e chiuse gli occhi. Gli massaggiai dunque anche collo e gambe, soffermandomi sempre a controllare i tendini dello stinco e i nodelli. Con una spugna appena umida pulii delicatamente gli occhi e il naso e constatai che era giunto il momento di passare a coda e criniera. La coda di Lifar era color rame scuro con qualche crine bianco e nero, tutta ondulata e lunga fino a terra. Per strigarla meglio presi l’olio per neonati e la pettinai con il pettine a denti radi, ciocca per ciocca fino infondo: non aveva neppure un nodo.
Feci lo stesso con la criniera, mi ero sempre rifiutata di tagliarla più corta, a me piaceva lunga, ondulata e selvaggia. Il respiro regolare e profondo di Lifar che si godeva questo inaspettato regalo da SPA di lusso mi aveva calmato e addolcito (riusciva solo a lui), c’era solo il suo respiro, il mio respiro e le mie parole per lui, e il rumore della pioggia. Basta. Nient’altro.
Lifar guardava la pioggia cadere dalla finestra del box, e il suo sguardo, di solito così focoso, brillante, presente, sembrava guardare su un altro mondo. Ma quale? Glielo chiesi (io con Lifar parlavo sempre) e lui mi leccò il mento. Questa volta non mi rispose come faceva di solito e io per un attimo ebbi la sensazione che tutto stesse per finire, forse semplicemente perchè se qualcuno mi avesse chiesto se ero felice, non avrei potuto rispondere che sì, perchè non mi mancava nulla, avevo tutto quello che desideravo: Lifar, non esisteva altro.
E ora mio rosso destriero tu, galoppi da solo in verdi praterie di luce e io per poterti toccare ancora una volta, non posso fare altro che annusare ad occhi chiusi una ciocca della tua criniera che poggia delicatamente sullo scaffale più nascosto e protetto della mia camera.
Autrice: Silvia Lazzerini
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