L’apripista ha scritto:
Qualcuno ne aveva parlato. Aveva accennato ad un’idea. Lentamente la cosa si diffonde. Altri ancora propongono, se ne parla, se ne discute: deve maturare un intento comune, il desiderio di una prova attraente, l’atteso godimento per un successo che nel parlare diventa sempre più certo e desiderato. Quando infine la maggioranza si dichiara d’accordo manca solo la data e l’ora ed il più è fatto! Chi partecipa è presente e gli altri resteranno ad attendere il risultato! Quella mattina si parte di buon’ora, ben prima della levata del sole. Un po’ di strada e poi si lascia l’auto. Gli scarponi, lo zaino con il minimo necessario, e via sul sentiero mentre il giorno si fa sempre più chiaro. Un pensiero serpeggia nella mente: “forse è follìa”, qualcuno dice che siamo gli ultimi romantici. Ci si avvia sereni, felici, sicuri e si procede veloci sul sentiero. Quando la salita si fa più ripida si comincia a dosare la forza ed a prestare attenzione alla sicurezza del passo e ad un giusto equilibrio, si comincia a percepire la fatica. Perseverare è necessario, specialmente nelle prime ore, quando il corpo non si è ancora adattato allo sforzo. Mostriamo a noi stessi, e gli amici con noi nell’impresa, che nulla può fermarci nell’intenzione di ottenere il successo programmato. Passano le ore ed il sudore comincia ad infastidire e l’aria fresca e secca asciuga pur raffreddando più del necessario. La salita si fa sempre più ripida, l’attenzione va agli appigli, alla sicurezza, al non dover assolutamente sbagliare. La sete e la fame sono vinte dalla volontà di riuscire. La fatica ci dà ogni tanto la necessità di una breve sosta in piedi per evitare il raffreddamento dei muscoli. Lo sforzo diventa per ciascuno immane, sublime, insostituibile. L’impegno è totale e ciascuno ora provvede solo a se stesso senza più contare sulla presenza o collaborazione degli altri, ma solo sulle proprie possibilità fisiche e mentali. Così tutti vogliono e fanno. Gli ultimi momenti della salita ben difficilmente verranno poi ricordati, la fatica cancella ogni altra sensazione e solo lo sforzo fisico e l’attenzione ad ogni cosa occupano la mente. Si procede senza nessuna altra intenzione. E’ l’assenza di tutto, rimane solo una ferrea volontà di arrivare. La neve faticosa del percorso non tracciato, le pietre che volano giù dalla cima e non riescono a colpirci, il vento della vetta, la fatica che diventa sinonimo di conquista: ecco la commozione del superare tutto, anche noi stessi. La vetta, spaziare su tutta la circonferenza dell’orizzonte come se ne fossimo i conquistatori. E’ la vetta, la vittoria su noi stessi e quindi su tutto.
Autore: Bral
Scrivi un commento