Un tempo, nel laghetto del Giardino Ducale di Parma, c’erano i cigni. La donna, ormai più che adulta, ripensa spesso a quando era piccola, ai pomeriggi trascorsi sulle rive del minuscolo lago a guardare le scorribande dei cigni, e ad osservare l’isolotto posto al centro del lago, su cui essi si rifugiavano quando erano stanchi di essere sempre guardati. Nel ripensare al laghetto la donna cerca di rivederlo con gli occhi di allora. Tutto le sembrava enorme, anche gli alberi sull’isolotto, alberi amici dei cigni. La bimba avrebbe tanto desiderato recarsi sull’isolotto, ma non aveva neppure mai osato chiederlo. Forse lei stessa preferiva restasse un mistero. Anche perché la bimba aveva un segreto, tutto suo, un segreto sul serio. L’isolotto era rotondo, come il laghetto, come il cerchio d’asfalto che li circondava. Tre cerchi molto diversi. Il mistero, l’acqua, la terra. Spesso la bimba sognava, e talvolta i sogni erano brutti. Qualcuno la stava inseguendo sul cerchio esterno, la bimba correva veloce, non si voltava a guardare, aveva troppa paura di quello che avrebbe potuto vedere. Lo sguardo scorreva sull’acqua, raggiungeva gli alberi, e nonostante lo sforzo il respiro cominciava a placarsi, diventando più regolare. La bimba non vedeva chi aveva alle spalle, e nella mente l’unico film era rappresentato dal biancore dei cigni, dal verde dell’acqua e della vegetazione; dopo poco, in alto a destra si formava un rettangolo bianco, al suo interno lampeggiavano poche parole, magiche’tanto so che non è vero!’. Una volta che la bimba le aveva rilette, ripetute più volte, allora le parole sparivano ed il rettangolo le consentiva di vedere al suo interno ciò che stava avvenendo dietro di lei. Gli inseguitori erano quasi sempre uno struzzo, un fauno, ed uno pterodattilo, in formato ridotto, però molto pericoloso con tutti quei denti che fendevano l’aria. Lo pterodattilo correva con passo cadenzato, gesticolando con gli arti anteriori, il fauno era goffo, grosso e grasso, e lo struzzo ogni due per tre sembrava dovesse inciampare precipitando sul fauno. La bimba stava riuscendo a mantenere la distanza di guardia, ma ad un certo punto lo pterodattilo aveva deciso di accelerare la corsa, era chiaro che voleva agguantarla. Il rettangolo ora riproduceva di nuovo le parole magiche, ma non bastavano più, la bimba si stava agitando, avvertiva il pericolo, il respiro si faceva affannoso. A quel punto, dall’isolotto cominciava a provenire una musica, misteriosa, sembrava uscire dagli archi di infiniti violini che suonassero lo stesso spartito avvicendandosi in successione. La bimba ascoltava, stupita, sentiva la musica avvicinarsi, sempre di più… la avvolgeva, la sollevava…la bimba stava volando! Poteva vedere i bestioni là sotto, sul cerchio d’asfalto, sconcertati, immobili: non la vedevano, dov’era fuggita, come aveva fatto, ma cos’era stato quel baccano infernale proveniente dall’isolotto? Com’erano buffi, lo struzzo, il fauno e lo pterodattilo, tre spauracchi, arrabbiatissimi. La bambina volava, rideva, era libera, leggera, si era trasformata in una libellula… era vero!!
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