Sento suonare il campanello, e dalla finestrella che dà sul cancello guardo verso la strada. Una figura si sposta fra il cancello pedonale e quello per l’auto. Forse è la signora che ha prenotato da Mosca. Scendo più svelta che posso e la vedo. Più che una donna la signora, dai capelli cortissimi, sembra un uomo, un omone, dal vestiario e dall’atteggiamento. La signora indossa pantaloni senza una forma precisa, comodi e larghi, un giubbetto perfino leggero data la stagione, e sulle spalle porta uno zainetto, cioè uno zaino né grande né piccolo. Mi presento, lei anche, e la invito ad entrare con la macchina: il parcheggio è compreso nel prezzo. La signora sorride e risponde che è giunta a piedi dalla stazione, lo zainetto è tutto il bagaglio che ha… si guarda lei stessa le scarpe, basse, con un buon carro armato, degne di un montanaro provetto. Poi, all’interno, dal piano di sopra sento che la signora Elena sistema le sue poche cose e nei giorni seguenti la incontro pochissimo. Una persona tranquilla, abituata a viaggiare in estrema semplicità…non mi voglio intromettere, dopo la prima offerta di un passaggio in macchina la lascio andare e venire da sola. Da quel che ho capito la signora Elena è un’informatica, venuta in vacanza da queste parti per svagare del tutto la mente, senza mondanità, obblighi e orari; la casa le piace, è tranquilla. Fin troppo per me, che abito qui da moltissimo tempo, come in prigione, una prigione da cui non riesco ancora a fuggire. La sera in cui la vedo andar via mi si stringe un nodo alla gola; lei mi saluta e mi guarda con una sorta di compatimento. Ha capito benissimo la mia situazione; sto preparando di fretta le camere per altri ospiti, inaspettati, invasivi, con un’enormità di bagaglio stipata in grosse macchine sporche prese a noleggio. La signora con lo zainetto, lindo come il vestiario, esce furtiva dal cancelletto per i pedoni, per scendere al treno e recarsi a Malpensa. La penso spesso, libera, sicura di sè… ciao Elena!
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