Lunedì mattina gli autobus ritornarono, restituendo assonnata e rassegnata la stessa moltitudine che il venerdì sera era partita correndo con entusiasmo all’abbordaggio.
Il lavoro riprese in tutti i fronti. Anche nella galleria numero due, dove un meccanico si era ingegnato a far partire uno dei locomotori “trapiantandogli” pezzi da uno all’altro, anch’esso in avaria. In casi del genere, i meccanici nel lor gergo, parlavano di “cannibalizzazione” di un’unità, non di trapianto.
Quella mattina Morelli aveva a cuore solo due cose:
1) mandare a cercare i ricambi per le macchine della galleria numero due e
2) far costruire nel minor tempo possibile l’edificio dei nuovi uffici.
Bisognava prendere di petto quei problemi, poi le cose sarebbero cambiate e da li in avanti tutto sarebbe stato più facile. “Prenderemo il toro per le corna” pensò fra se accingendosi a dare gli ordini che aveva in mente.
Il camioncino dell’ufficio acquisti partì subito, e tornò la sera stessa con il materiale richiesto, ma gli ingranaggi della trasmissione comprati localmente non erano quelli originali per quel modello di locomotore, pertanto dovevano essere adattati alla fresa prima di essere montati. Nell’ officina meccanica del cantiere non esisteva la fresa adatta, pertanto si doveva ricorrere ad un’officina esterna, ancora da trovare (senza potere, per questo, valersi del telefono). Quando glielo dissero, Bonfante tirò il casco per terra e se ne andò in galleria bestemmiando come un turco. Passarono molti giorni ancora prima che Bonfante potesse disporre del secondo locomotore, nonostante la solerzia degli autisti incaricati di dare la massima priorità alla soluzione di quel problema.
Poi si ruppe una delle due perforatrici, e tutto ricominciò secondo lo stesso copione.
Morelli non ebbe maggior fortuna con la costruzione dei nuovi uffici, perché il camion che doveva portare i mattoni non giungeva, e non c’era modo di comunicarsi con il fornitore, che si trovava a grande distanza. Poi giunsero i mattoni ma sorse, imprevisto, il problema degli infissi e dei serramenti.
Allora Morelli maledì la compagnia dei telefoni, a suo avviso principale ostacolo alla realizzazione dei suoi piani, e si promise di obbligarla personalmente a finire il lavoro con le buone o le cattive maniere, cosa che secondo lui avrebbero dovuto fare a suo tempo Suarez e tutti i direttori che lo avevano preceduto, se non fossero stati tutti dei menefreghisti. Piantò dunque il lavoro, salì in macchina e viaggiò fino al capoluogo della regione per parlare con il Direttore di Infrastruttura della compagnia dei telefoni in persona. Dopo mezz’ora di attesa in anticamera, una segretaria attempata e sussiegosa gli disse che il Signor Direttore era stato chiamato dai suoi superiori per partecipare ad una riunione che si sarebbe celebrata negli uffici della capitale. Se voleva aspettarlo, con l’aiuto di Dio, sarebbe tornato entro un paio di giorni. Morelli lo aspettò, alloggiando in una pensioncina poco distante. La stanza era un po’ sporchina ed il vitto gli causò la dissenteria, ma qualche sacrificio valeva pur la pena… Dopo quattro giorni di attesa, del Direttore non si avevano notizie; a Morelli non restò che ritornarsene al cantiere a mani vuote, non senza aver prima lasciato un’accorata lettera per il Direttore, nella quale faceva presenti i suoi problemi e chiedeva più collaborazione, anche nell’interesse della Nazione, al cui sviluppo economico la nuova centrale non avrebbe potuto che giovare.
Per sua sventura, quella lettera non fu mai inoltrata al destinatario, perché qualcuno, distrattamente, le appoggiò sopra una pila di documenti da archiviare, ed il tutto finì quindi nel sotterraneo degli uffici della compagnia, ad ammuffire in compagnia di topi e scarafaggi.
Morelli volle ritentare la missione, caparbiamente, alcuni giorni dopo, ma dovette tornare indietro ancora una volta senza poter concludere nulla perché la pioggia aveva reso impraticabile la strada nella Valle Toliman ed erano necessari alcuni giorni di lavoro per ripristinare i tratti interrotti.
Al terzo tentativo, realizzato una settimana più tardi, Morelli incontrò il Direttore dell’Impresa Telefonica, che lo accolse cortesemente, ma gli spiegò che l’installazione della linea era stata sospesa per ordine della sua amministrazione per un mancato pagamento, il quale risultava chiaramente stipulato in una delle clausole del contratto vigente. Senza il versamento di quella somma, era evidente, il lavoro non avrebbe potuto essere portato a termine. Peraltro, si trattava di una somma modica, rapportata agli ingenti flussi di cassa di un cantiere di quelle dimensioni.
Morelli si arrabbiò con Suarez, e gli ordinò di andare lui stesso l’indomani a versare la rata affinchè i lavori per l’allacciamento continuassero.
L’indomani Suarez non poteva: non aveva fondi disponibili. La prossima settimana, Dio volendo, il committente avrebbe effettuato un pagamento e ci sarebbero stati dei soldi. Ma in prima fila, ad attenderli, c’era una lunga coda di creditori, senza contare che bisognava dare la priorità agli stipendi del personale. Di fatto, Suarez volle sottolinearlo, alcuni fornitori stavano perdendo ormai la pazienza, e fra questi si annoverava il macellaio che aveva già minacciato di lasciare le mense senza carne. Voleva forse Morelli che gli operai indicessero uno sciopero motivandolo con la malnutrizione? Voleva finire sui giornali locali come affamatore della classe lavoratrice, in un paese in cui governava ancora il Partito Rivoluzionario?
Durante tutta quella settimana, e per molte ancora, il lavoro procedette con i ritmi di sempre, cioè mediocremente, aumentando i ritardi ed i costi indiretti, che non si potevano ammortizzare sulla produzione insufficiente.
Vale la pena informare il lettore che poi, anche il Committente, per dare alla Società di Morelli un segnale tangibile del suo malcontento per la lentezza con cui procedeva la costruzione della centrale, ritardò a sua volta il pagamento previsto per quel mese, obbligando Suarez ad aprire una linea di credito con una banca per effettuare almeno i pagamenti indispensabili.
Va da se che la rata per la compagnia telefonica non venne versata, furono comunque pagati gli stipendi del personale, il macellaio, i fornitori di benzina e quelli di farina di mais per fare le tortillas, di esplosivo ed altri materiali indispensabili alla stessa sopravvivenza del cantiere. E il telefono restò isolato, muto e chiuso nel suo gabinetto oscuro. Come un inutile idolo senza spirito nella teca ornata di un tempio.
Autore: Franco Garelli
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