Elettra rimane seduta sul suo scoglio, tiepida del sole di gennaio, con gli occhi intenti a studiare le case costruite sul piccolo promontorio che si allunga quasi di fronte a lei, appena a sinistra. Il riflesso della luce sull’acqua disegna una larga scia,riverberata sulle onde scure e pacate come una splendente luminaria artificiale disegnata su un albero adulto, senza voglia di vento a scherzare fra i rami. Anche il mare sembra stanco,man mano che il sole si alza il verde ed il blu compaiono e si distinguono a stento, come se l’acqua fosse impegnata a mantenere i fondali nascosti e segreti; perfino la schiuma delle onde che si frangono contro gli scogli è scarsa e svogliata. Adesso i raggi del sole regalano giochi di luce alle ampie vetrate di una delle case più vecchie, che si erge compatta e protesa sul mare, l’unica con la scala privata di accesso diretto nell’acqua. In controluce, lo zoccolo del piccolo promontorio diviene indecifrabile, sulla cima si scorge una figura solitaria in movimento, stagliata nitida contro la linea dell’orizzonte. Di minuto in minuto la linea diventapiù marcata, come tracciata con un pennarello,intenta a risucchiare la marea di lucine bizzose che danzano sul pelo dell’acqua. Man mano che il sole si alza rendeanchela terra partecipe al gioco: cespugli di aloe si sfrangiano contro la pendice rocciosa che si alza da sopra lo zoccolo e si fermano riverenti alle radici dei cipressi misti ai pini marittimi. Rigogliosi e invadenti, i grandi alberi si spingono su su, fino alla cima della collina, con i coni e gli ombrelli allargati a formare profili bizzarri, come fosseronuvole discesea movimentare la monotonìa della terra. A metà del crinale che corre parallelo alla massa dell’acqua del mare, sorge maestosa la dimora più bella, contornata dagli alberi di un grande giardino; è un piccolo castello più largo che alto,adorno di torrettee di smerli rotondi, che ricordano un’India favolosa e lontana nel tempo, trasportata sul Mediterraneo da un signore che voleva abitare dei muri che gli corrispondessero. Molti pini più in là, a tenere compagnia all’insolito castelletto rossiccio, si distingue una casa rotonda color giallo limone, è più stretta che alta, costruita ad archi, con un lungo ed elegante torrione che osserva sdegnoso le altre case lì sotto, anonime e senza memorie. Mentre Elettra indugia a contemplare le case come fossero vive, grosse chiocciole rintanate nel guscio delle loro memorie, appena poco oltre il piccolo promontorio, uscendo dall’ombra che pian piano svanisce, si stacca la sagoma di una nave che procede decisain direzione del porto, sulla destra. Intanto che avanza, Elettra riconosce il traghetto dipinto di un giallo sgargiante, col profilo corsaro che decora le canne fumarie; quella casa di latta che cammina sull’acqua, che ansima,si riempie e si svuota in continuazione di cose che non le appartengono,è un contenitore che punta diretto davanti ad Elettra. Il traghetto è munito di due oblò frontali, lunghissimi, ammiccanti e sottili, pare un muso di gatto stremato dal sonno; in pochi attimi ruota sornione a sfidare i castelli immobili e quieti, lassù nel silenzio. La nave ha attraccato, il rumore si attenua; il mare ferito dalla casa di lattasi stizzisce estrimpella con le onde una breve e modesta canzone, che produce echi diversi fra gli scogli delle piccole anonime baie vicine, divise mediante la lunga linea del molo da quellagrande e famosa. La baia, contornata di alture, è investita dal sole. Elettra contempla la miriade di edifici schierati nella grande città, punteggiati qua e là da sparuti palmizi che si allungano come giraffe smarrite nello zoo di cemento. Lungo la Promenade des Anglais spiccano duefacciate mastodontiche: sono di alberghi di lusso, uno sembra un tempio neoclassico, l’altro, più ameno, riproduce un castello di tipo moresco, con le cupole delle torri rotonde luccicantidi piastrelle daicolori cangianti. In quella baia frequentata e famosale casesono alveari bucherellaticon troppevetrine, sopravvivono circondate dal frastuono assordante di macchine,nemiche impazzite a contendersi mezzo metro di asfalto. Un grosso edificio essenziale, con due blocchi somiglianti atorri squadrate, risplende di luci ammiccanti, e sembra riflettere il mare ed il cielo consquarci di verde, di azzurro e diblu; lo sguardo di Elettra indugia, catturato da quella magia. Chi abita nelle due torrisarà allegro, davvero “solare”, gratificato dalla magnificenza di quei rutilanti riflessi!Elettra lo elegge a edificio ideale, lei non è mai riuscita a spingersi a piedi fin laggiù; passando in bicicletta od in macchina, da sotto,senza giochi di luce, nonaveva badato a tanto splendore. Per caso, di lì a poco, inseguendo il maestro di roller, Elettra si sarebbe trovata a dover smitizzare le torri: la rovinosa caduta, il maestro che ride, la ammonisce e le additail grosso edificio, un moderno ospedale, asilo obbligato per tutti coloro che subisconotraumi.Dall’alto della collina dello Chateau rimbomba il cannone a indicare che è mezzogiorno, e seguendo automatico il rumore del botto, lo sguardo, ancora ignaro della futura caduta, si impennasulla collinache sovrasta la baia, spaziando anche su quell’edificio ritenuto ideale;e già ora, quando arriva il traghetto, Elettra preferisce distogliere gli occhi dal caos della baia famosa. Dopo un rapido sguardo di complicità con le caseche le sono sembrategrandi e amichevoli chiocciole, Elettra si concentra sulla casa di latta. I motori della nave borbottano, raccontano: quella nave nera e gialla dai comignoli col profilo corsaro, da ammasso di ferraglia anonima si trasforma agli occhi della ragazza inpazientebalena, non solomeccanica. La grossa casa di latta itinerante sul mare, con un solo modesto negozio di souvenir e le file di macchineimmobilizzate,è adibita a ingoiare o risputare pazientecentinaia diburattini. La trattano tutti come fosse un container senz’anima… invece… durante il viaggio, inseguendomomenti di pausa ed alimentando dei sogni, i suoi burattini sianimano, si trasformano in persone autentiche, etrovano il tempo per comunicareimpressioni, aspettative, progetti, speranze,ricordi…allora il contenitore di latta si trasforma a sua volta, senza sosta, in un’enorme casa fittizia piena di giochi, di luce…in unamisconosciuta e fantastica chiocciola d’acqua.
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