Bello. Davvero bello. Teresa si era recata a vedere una mostra. In genere, la donna era costretta a correre tutto il giorno, e raramente riusciva a concedersi svaghi. Qualche volta Teresa si recava al cinema con un’amica; negli ultimi tempi, per sua fortuna, aveva potuto vedere solo bei film. Più o meno impegnativi o impegnati, piacevoli. La visione della pellicola la distraeva dal suo quotidiano. Ritrovava nei film argomenti che la riconducevano alla meditazione del proprio vissuto, per analogia. Insegnamenti di vita, nel senso che bravi attori e registi sapevano tradurre e portare a soluzione questioni e problemi inerenti la vita comune. Senza sforzo o coinvolgimento da parte dello spettatore, nel senso che veniva servita sul piatto la soluzione di arcani che potevano sembrare troppo difficili da risolvere soli: appunto, arcani. Dopo la visione del film Teresa si trovava a riflettere con naturalezza, a condividere o meno la soluzione proposta. Senza fatica. Oppure, vedendo film di altro genere, Teresa rivisitava la storia, il mondo, viaggiava seduta; allargava la mente recependo scorci e panorami altrimenti destinati a rimanere per lei sconosciuti. Recarsi alle mostre era diverso. Anche la visione di una semplice fotografia implicava l’obbligo di un commento immediato, tanto più se il gallerista rimaneva vicino al visitatore, informandolo e poi esigendo una risposta. Ecco. Quella sera Teresa era l’unica spettatrice, il grande locale era deserto, a sua disposizione. Le opere erano molte. Teresa all’inizio aveva letto con meticolosità la locandina, si era addottorata su chi fosse l’artista e su cosa intendesse significare con la sua arte. Il gallerista la seguiva quadro per quadro. Solo, anche lui, sembrava ansioso di comunicare con la visitatrice, di ricevere conferme circa l’artista che egli aveva scelto per l’esposizione. Teresa non possedeva il linguaggio tecnico, ma gli occhi ed il cuore dicevano sì a quanto vedeva, perfino ad un leggero senso di sopraffazione, di ineluttabilità che la donna coglieva in alcune immagini. Una, sopra le altre. Un edificio imponente, rottami, figure umane che sembrano manichini, tutte eguali, impotenti ad interagire con il contesto in cui sono state inserite. Le figure si trovano all’interno di un grande salone, arredato con avanzi di mobili, che sembrano panche, circolari. Il soffitto dell’edificio è tutto bucherellato, e dai buchi fuoriesce una nuvola, diffusa in tutto l’ambiente. Il gallerista, vedendo la donna intenta a contemplare l’immagine, con estremo interesse, si sofferma. ‘ Sì, è bello, davvero bello, ha colpito anche me, colpisce tutti. Lei, cosa ci vede?’. ‘Una camera a gas, di parlamentari…anche di ‘religiosi’…sarebbe ora, non trova?’. ‘Certo…ha ragione, ecco perché è affascinante…è liberatorio!!’. Quando Teresa era uscita il cielo era scuro, la nebbia densa avvolgeva la donna; non importava, lei era viva e felice di avere individuato chi fossero quei manichini immersi nel gas. Morti stecchiti. Con lei, onesta formica del quotidiano, non avevano da spartire un bel niente!
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