Bella esperienza. Cioè mica tanto. Fuori dal mondo. In una casetta di sasso. L’invito, l’adesione. Poi, la ‘follia’. Ci sono momenti in cui il desiderio di evadere dai propri schemi porta una persona a voler provare a se stessa di essere in grado di adottare sistemi di vita diversi. Quindi, la gita, la mattinata, il pranzo in compagnia, poi, al momento del rientro, la richiesta. ‘Io rimarrei qui… se mi lasci le chiavi’. Il volto interdetto dell’ospite. ‘ Ma non puoi… d’accordo che la strada è qui sotto, io però rimarrei preoccupato…’. ‘Per favore, qui non manca nulla, il cibo c’è, ed appena diventa buio mi chiudo all’interno…’. ‘E il ritorno? Io domani e dopo sono occupato, dovresti restare qui sola due giorni…’. ‘ Per favore…’. La faccenda è delicata, l’amica sembra determinatissima, manca un’ora soltanto alla partenza del primo traghetto ed all’ospite non resta che rassegnarsi. Egli si accerta che l’amica abbia compreso il funzionamento della luce, del riscaldamento, sappia chiudere bene le imposte, poi a malincuore si avvia verso la macchina. ‘Ti chiamo spesso, ti raccomando, rispondi, subito. Altrimenti mi costringi a precipitarmi qui’. L’uomo parte, ed io contemplo dall’alto la macchina che imbocca lenta le tante curve in discesa. E’ scomparsa. Bene! Dal balconcino guardo verso la valle. Alberi, prati, la stradina che li attraversa. Dietro la casa, la montagna, davanti un ampio scorcio del grande lago. Maestoso. La rocca di Angera sembra a portata di mano, tanto vicina da poterla toccare. Ricordo l’ultima volta in cui l’ho visitata, in una giornata simile a questa. Fredda, con il sole oscurato da piovaschi improvvisi. Mi rivedo, là in cima, insieme agli amici che nel corso di quella giornata si trovavano insieme a me. Persone che conoscevo da molto tempo, venute a trovarmi appositamente da Alassio. Una coppia unita dai molti valori comuni: stare con gli altri, in semplicità, e viaggiare, visitare luoghi nuovi, lontani e vicini. Per esemplificare, dall’Argentina al lago Maggiore. Penso a quanto io negli ultimi anni abbia potuto viaggiare ben poco, ed a quanto il mio sistema di vita cominci a pesarmi, tanto da indurmi alla ‘follia’ che ho appena commesso. Pur di evadere. Bè. Ora ci sono. E’ ancora presto, decido di uscire. Mi limito a camminare lungo la stradina, in salita. Alla prima curva lo scorcio sul lago si amplia, vedo bene anche il Mottarone, alla seconda riconosco Stresa, là sotto. Ogni luogo è un ricordo. Bello o brutto. La differenza è che ora sono sola; prima c’erano sempre altre persone. Ora no. Bello o brutto? Non saprei. Al ritorno, prima del buio, il cespuglio di ginestre antistante la casetta di sasso mi regala l’ultimo raggio di luce. Mi asserraglio all’interno. Dormirò per due giorni, protetta dai muri di sasso della casetta. Risponderò sempre al telefono e contemplerò il panorama dal balconcino. L’importante è che i ricordi, belli o brutti, vengano rielaborati in un luogo sereno, lontano dalla follia degli eventi accaduti nella ‘bellissima’ casa in cui ancora sono costretta a restare.
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