Al giorno d’oggi li vedono in pochi. Un ‘cult’. Io, di recente, lungo la ciclabile del lago vicino a dove abito, ne ho visto uno.
Ero insieme ad un’amica, che al momento non sto frequentando perché finalmente pare abbia trovato il grande amore. Mah. Glielo auguro.
Tornando allo spaventapasseri, quel pomeriggio io e la mia amica avevamo noleggiato le bici e ci eravamo dirette verso l’isolino Virginia. Nella ciclabile sono frequenti i tratti in salita, per cui, ad un certo punto io e Manu siamo scese dalla bicicletta ed abbiamo deciso di percorrere a piedi l’ultimo pezzo prima di giungere all’isolino. Chiacchieriamo tranquille, guardiamo il lago, e, sulla destra, il giardino di una villetta. Non grande, ma fornito di tutto, compreso un ruscello a cascata, le ochette, i fiori ed un orto, al cui centro campeggia un bellissimo spaventapasseri. Proprio bello, ben vestito: cappello a quadretti, giacchetta altrettanto, su toni di bianco e di nero, pantaloni rossi, corti del genere acqua in casa, scarpe chiuse, di pelle, tipo pedule. Anche il viso dello spaventapasseri è molto curato, le sopracciglia, gli occhi, il naso, la bocca, i lineamenti, le mani, soprattutto la destra, che sorregge un falcetto. Sembra umano! Ci sorride, noi gli sorridiamo, e lui sembra che ammicchi. Gli occhi marroni sono brillanti, vivi, sembra proprio ci vedano; Manu scatta qualche fotografia col telefonino, lo spaventapasseri al flash sembra soffrire, come se volesse chiudere gli occhi.
Trascorsa quasi mezz’ora decidiamo di proseguire, non vorremmo far tardi e non riuscire a salire sulla barca che dalla riva traghetta la gente all’isolino. Camminiamo, chiacchieriamo, ridiamo… ad un certo punto un rumore induce Manu a girarsi, vedo che impallidisce, mi volto anche io e rimango impietrita. A pochi metri da noi lo spaventapasseri è fermo in mezzo alla strada deserta e ci fissa, con i piedi ben piantati a terra. Il sorriso dipinto di prima è svanito, sembra un ghigno, la bocca è semiaperta, la mano destra impugna saldamente il falcetto. Dalla bocca dello spaventapasseri proviene un suono, una specie di nenia, cupa.
“Non è possibile… non è vero… cosa facciamo?”. La voce di Manu esce terrorizzata, per strada non si vede nessuno…
“Manu….stai calma, siamo stanche, quello spaventapasseri è un’allucinazione…troppo sole, troppe bibite fredde…”. Non c’è niente altro da fare che non perdere la calma, deve essere proprio così, non è possibile che sia altrimenti. Noi stiamo ferme, lui sta fermo e dalla bocca continua a fuoriuscire quella nenia stonata. Io e Manu d’istinto cominciamo a cantare, la voce un po’ trema poi esce sicura. ‘Fra Martino campanaro, dormi tu, dormi tu, suona le campane, suona le campane, din don dan….’ Al mio secondo ‘dormi tu’ Manu inizia con il ‘Fra Martino..’ e così proseguiamo. Lo bocca dello spaventapasseri sembra chiudersi, poi, man mano che la canzone prosegue sembra che si riapra, appena…noi abbassiamo il tono di voce… ascoltiamo… sìììì, sta canticchiando anche lui, la mano destra sembra allentare la presa sul falcetto dalla lama brillante. Io e Manu ci prendiamo per mano e continuiamo a cantare, chiudiamo gli occhi… saranno trascorsi alcuni minuti, io stringo la mano all’amica, riapro gli occhi… non c’è!! E’scomparso!!. Incredibile, era un incubo…da congestione, è inconfutabile.
Io e Manu torniamo di corsa al recinto… è là, lo spaventapasseri è ben attaccato al suo palo, sorridente, come se niente fosse accaduto… manca il falcetto. Forse è caduto, l’erba è alta… Io e Manu scrolliamo la testa, mai avuta una congestione così… riprendiamo il cammino, senza più ridere, senza chiacchierare, forse è meglio tornarsene a casa. “ Che spavento!… Alla fine però e’ stata bella l’idea di vincere la paura cantando, l’incubo sarebbe svanito…”. “ Non è proprio così. Lui ci ha ascoltato, gli siamo piaciute, si è unito a noi e poi è tornato tranquillo al suo posto… Lui ha vinto il suo incubo.” “ Ma che teoria strampalata!”. “ Sarà! Guarda Manu…là, sul ciglio…il falcetto!.” Io e Manu siamo ritornate di corsa a guardare ancora una volta lo spaventapasseri, sempre ben attaccato al suo palo, senza falcetto; non siamo più tornate verso l’isolino e Manu ha cancellato le foto.
L’anno dopo, sono ripassata da sola davanti alla villetta, era molto cambiata, il giardino inselvatichito, le ochette scomparse; lo spaventapasseri era ancora legato al suo palo, sciupato, invecchiato, il falcetto spenzolava da una mano che pareva scarnificata. Forse lo spaventapasseri non aveva cantato abbastanza a lungo insieme a noi, ed il suo incubo si era definitivamente impossessato di lui. Non sono mai più ritornata.
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