“E’ notte fonda, la lontananza, che sia Udine od altro, mi rende molto più puntuto, forse oscuro, e durante questi momenti quasi sospesi riesco a trovare il desiderio di esprimermi…Incontrarsi significa ogni volta, e succede di rado, avere percorso un più o meno lungo, ma naturalmente diverso, tratto di cammino, per tornare al luogo da cui siamo partiti. Se tocco il tempo della giovinezza dico Franciacorta, se penso ai miei quaranta anni dico Spoleto. Se penso alla siepe della mia infanzia, in Franciacorta, essa non segue più il sentiero, né segna più i limiti dei prati, ma in molti luoghi li invade e cammina anche sulle macerie. Spoleto è il luogo dove il risucchio del tempo che scorre sembra non esistere. Io, Vittoria, Paolo, Gino, Elisa, Yumiko, Vitaliano, Veronique, abbiamo vissuto una serie di stagioni indimenticabili. La chiesa di S. Pietro, appena fuori dall’abitato, protagonista e spettatrice di molte storie non scritte, si è caricata di simboli che vanno al di là del suo essere, una sorta di preludio dell’arrivo, del cuore che batte più forte; e cesura di Spoleto al momento della partenza. La rocca del Gattapone credo sia per me la costruzione paradigma di una mia visione del vivere, dove cercare di far posto alla speranza che attenuasse l’affanno dell’andare con gli anni verso sera. Ed il luogo ove si compongono, come tutti i colori dell’azzurro, la fatica di essere a questo mondo, l’impegno di parlare con gli altri uomini come faccio in tutti i miei viaggi. I passi vicino al Duomo, alla casa che ho avuto per qualche anno in affitto, la piazza, la discesa verso S. Eufemia, la svolta verso l’anfiteatro romano, dove abbiamo consumato le stagioni ed i volti che compongono il nostro paesaggio umano gremito delle figure di chi si è appartato stanco; o di chi urla ancora, senza voce, la lacerazione dell’andarsene prima di esaurire il tempo. Tranne Yumiko in Giappone e Vitaliano ormai con la mente persa e Vittoria, gli altri sono tutti morti. Non rimpiango Spoleto. Solo quando si lascia una persona, una casa od un mondo, c’è chi muore dentro di noi cessando di essere chi avevamo creduto, e rivelando di sé fondi e tratti nei quali si perdono, recidendosi, i fili che ci legavano. Vittoria a suo modo è la vestale di tutti noi, presiede il borgo ed io ci ritorno sempre: Spoleto rimane il mio “luogo dell’anima” ….
Autore: Cardo
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