La lotta chimica condotta senza tregua da oltre un secolo contro parassiti, funghi, infestanti e molti altri nemici dell’agricoltura, era ormai stata vanificata dalla selezione naturale, che aveva malignamente messo a punto specie resistenti ai veleni più terribili che gli ingegneri chimici fossero riusciti a sintetizzare nei loro laboratori.
I contadini, frustrati da questa situazione (per loro non certo piacevole), si erano riuniti in assemblea plenaria ed avevano deliberato democraticamente, mediante votazione per alzata di mano, di ricorrere alla soluzione finale: il bombardamento atomico, per ricominciare da zero in un mondo agricolo completamente purificato.
Si chiamò l’aviazione e vennero i bombardieri stracarichi di bombi A, H ed N.
I governi delle potenze nucleari ne approfittarono per riciclare gli ordigni vetusti e scaduti.
Qualcuno portava anche scorie radioattive, provenienti dalle centrali energetiche, approfittando dell’occasione per sbarazzarsene senza avere problemi con gli ecologisti, sempre così pronti ad osteggiare l’uso dell’energia atomica e dei suoi derivati.
Arrivò anche un elicottero direttamente da Chernobyl. Portava, agganciato sotto, un grande cofano tutto nero con un teschio bianco, penzolante da un lungo cavo.
I piloti dei velivoli, tratti in inganno dagli spaventapasseri nei campi, facevano con le mani cenni di saluto dai finestrini, ma in realtà nessuno poteva vederli, perché ai contadini e ai loro familiari era stato detto di chiudersi nelle cascine, e di tapparsi bene le orecchie con l’ovatta, per non soffrire danni all’udito.
Mi ricordo che appena di spense l’eco degli ultimi scoppi, tu ed io uscimmo dalla stalla dello zio Michele, per vedere cosa era successo fuori.
Il cielo era pieno di colori, nell’aria si sentiva odore di bruciato, e una patina sottile e candida di cenere rivestiva ogni cosa, a perdita d’occhio.
Ti accovacciasti a toccare la terra calda, a palpare quella patina che tutto imbiancava come la neve, e repentinamente un rivoletto di radioattività ti saltò in grembo, mobile come argento vivo, dai colori pulsanti, cangianti in una gamma tra l’azzurro e l’indaco.
Arrivò anche lo zio; si guardò intorno e sorrise.
Aveva negli occhi l’ottimismo di chi ha fede un futuro migliore.

Autore: Franco 1996