UN GESTO UMANO: LA NOSTRA VITA E’ UN DONO ANCHE PER GLI ALTRI…

Era un caldo pomeriggio estivo: l’aria era infuocata e immobile. Non tirava un alito di vento! Stavo conversando con i miei vicini di casa quando vidi sbucare da un vialetto il signor Carpucci. Questi era un povero mendicante che, ogni anno, in prossimità della festa del Santo Patrono, si recava al mio paese natìo in cerca di ospitalità. Me lo ricordo bene perchè la sua immagine è da sempre rimasta scolpita nella mia mente. Era un uomo di bassa statura, di corporatura esile e macilenta, un po’ claudicante. Da un berretto gli uscivano quei pochi capelli. Aveva gli occhini grigi, ma che si perdevano nel vuoto. La sua espressione era fortemente triste e carente di affetto. a me faceva una gran pena! Mai prima di allora, avevo visto una persona così malandata e trascurata! Ad un tratto lo accerchiò una schiera innumerevole di persona di ogni età: bambini, giovani e anziani. Finalmente avevano trovato il loro passatempo! Dopo averlo fatto ubriacare bene bene a stomaco vuoto, inserirono un disco e lo obbligarono a ballare. Carpucci non si sottrasse a quell’obbligo, che, d’altronde, gli veniva ‘imposto’ogni anno. La scena si ripeteva ogni anno sempre con toni uguali. L’ironia, gli scherni e gli insulti divennero sempre più pesanti e irriverenti. Intanto il mio senso di pietà mi consumava dentro, ma non osavo reagire, inveire contro di loro data la mia giovane età, sedici anni. Ma non ce l’ho fatta a reggere a quello spettacolo ignobile, indecoroso e disumano. Presa dall’impulso e dalla spontaneità che mi caratterizzavano, mi avvicinai a lui, lo presi di braccio e gli feci cenno di venire con me. Egli, pensando che anch’io lo volessi prendere in giro, dapprima mi guardò di bieco e con aria inferocita, poi mi fissò meglio e dall’espressione benevola riuscì a capire il mio gesto umano. Il codazzo mi seguì entusiasta e infervorato fino davanti a casa, ma il mio sguardo era rivolto solo a lui. Mi avvicinai alla tavola ancora ben imbandita ed apparecchiata, imbottii un panino di salame ( mia madre era solita preparare il salame in casa in modo tradizionale) e glielo porsi con garbo. Poi esclamai alla sua richiesta di vino: “Carpucci, non te lo do perché hai già bevuto!”. Dopo il panino gli diedi in presenza di tutti un’enorme fetta di anguria. Il “codazzo”, nel vedere la serietà con cui lo servivo, si disciolse impallidito forse per la vergogna che provava per sé, per aver agito con una persona indifesa in un modo poco sensibile. Attraverso il mio agire avevo trasmesso un messaggio: “AMARE CARPUCCI COME SE STESSI”. Da quel giorno tutti fecero a gara nell’offrirgli ospitalità. Da quell’episodio e da altri simili capii quale era la mia vocazione: aiutare gli anziani, i bambini indifesi, deboli, bisognosi di affetto e di attenzioni.

Autrice Rosa Tedesco